Crollano le semine di grano duro, serve l’etichetta d’origine

18 Febbraio 2017

Il taglio dei prezzi pagati agli agricoltori sotto i costi di produzione ha provocato praticamente la decimazione delle semine di grano in Italia con un crollo del 7,3% per un totale di 100mila ettari coltivati in meno che peseranno sulla produzione di vera pasta italiana nel 2017, oltre che sull’ambiente, sull’economia e sul lavoro delle aree interne del Paese. E’ l’allarme lanciato della Coldiretti che chiede di accelerare urgentemente il percorso per arrivare all’etichetta d’origine della pasta per evitare la chiusura delle aziende, ma anche il rischio di abbandono e desertificazione di una fetta consistente del territorio nazionale.

La situazione per la coltura più diffusa in Italia è difficile sull’intero territorio nazionale con la riduzione delle semine che varia dal -11,6 % nel Nord-Est al -5,4% nel Centro mentre nel Sud e Isole si registra un -7,4% che desta molta preoccupazione se si considera che la coltivazione è concentrata prevalentemente nel meridione dove Puglia e Sicilia rappresentano da sole quasi la metà della produzione nazionale. Una situazione drammatica determinata dal crollo dei prezzi pagati agli agricoltori che nella campagna 2016 sono praticamente dimezzati per effetto delle speculazioni e della concorrenza sleale del grano importato dall’estero e poi utilizzato per fare pasta venduta come italiana.

Una realtà che rischia di essere favorita dall’approvazione da parte dell’Europarlamento del Ceta (Comprehensive Economic and Trade Agreement) con il Canada che rappresenta il primo esportatore di grano duro in Italia. Un accordo che dovrà essere ratificato dal Parlamento nazionale contro il quale rischia di scatenarsi una nuova guerra del grano.

“In pericolo non ci sono solo la produzione di grano e la vita di oltre trecentomila aziende agricole che lo coltivano, ma anche un territorio di 2 milioni di ettari a rischio desertificazione e gli alti livelli qualitativi per i consumatori garantiti dalla produzione Made in Italy” ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo. Da qui la necessità – continua Coldiretti – di accelerare sul percorso di ratifica ed entrata in vigore dell’etichettatura di origine obbligatoria per il grano usato per produrre la pasta. Lo schema di decreto, frutto della battaglia del grano lanciata da Coldiretti e condiviso dai Ministri delle Politiche agricole Maurizio Martina e dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, è stato inviato alla Commissione Europea a Bruxelles. L’obiettivo comune deve essere – evidenzia Moncalvo –  quello di lavorare per una veloce approvazione poiché solo in questo modo sarà possibile smascherare l’inganno del prodotto estero spacciato per italiano in una situazione in cui un pacco di pasta su tre contiene grano straniero senza che i consumatori possano saperlo, valorizzando il prodotto nazionale e nvertendo la tendenza già a partire dalla prossima campagna di semina.

Analizzando la situazione delle intenzioni di semina sulle altre colture, a parte l’avena che segue lo stesso andamento del grano duro con una diminuzione delle superfici seminate del 6,5 %, vanno meglio gli altri cereali con aumenti che consentono di contenere la riduzione generale: il frumento tenero registra un aumento del 3,7 %, il mais del 1,1 %, il riso del 0,7 % e l’orzo del 4,2 %. Le superfici sottratte ai cereali sono state destinate alle diverse colture come dimostrano i dati delle superfici degli altri seminativi. Per i legumi secchi si è registrato un aumento del 9,7 %, per la patata del 2,7 %, per il tabacco del 7 %, per il girasole del 5,5 %, per la soia del 10,6 % e per il colza del 3 %.

Interessante notare anche l’aumento dei terreni lasciati a riposo pari al 3,8 %. L’orientamento degli agricoltori verso altre colture è dovuto all’esigenza di individuare investimenti più remunerativi (soprattutto rispetto al grano duro) e alla necessità di trovare valide alternative anche considerando le possibilità offerte della Pac e dell’attivazione delle misure dei Piani di Sviluppo Rurale regionali.

Per quanto riguarda i legumi secchi, il significativo aumento delle superfici potrebbe riflettere una maggiore richiesta di proteine vegetali italiane che ha indotto le aziende a investire su quelle produzioni che sempre maggiormente trovano sbocco sul mercato nazionale. L’incremento della soia e dei terreni lasciati a riposo può essere collegato alle misure del greening. Infatti tali soluzioni possono essere utilizzate per soddisfare sia l’obbligo Efa – aree di interesse ecologico (oltre i 15 ettari, 5% dei seminativi) che l’obbligo di diversificazione (due o tre colture a seconda della dimensione aziendale, rispettivamente 10-20 ettari e oltre i 30 ettari). Inoltre per la soia, per il girasole e per il colza ha influito anche la possibilità di richiedere il sostegno accoppiato. Tali aspetti si sono rivelati molto importanti soprattutto per le aziende del Nord Italia in una logica di rotazione colturale.

 

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